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OMBRE

TRATTO DA “STORIA MERAVIGLIOSA DI PETER SCHLEMIHL” DI ADALBERT VON CHAMISSO 

di Marco Baliani
regia Maria Maglietta
voce narrante Marco Baliani
percussioni Maurizio Rizzuto
campionatura Mirto Baliani
voce e chitarra Renata Mézenov Sa
scene Maurizio Agostinetto
luci Roberto Innocenti
fonica Alessio Vignola
produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana
debutto_ Teatro Fabbricone 21 novembre 2001


SINOSSI

Lo  spettacolo nasce dal breve racconto di Adalbert von Chamisso, dal titolo La storia meravigliosa di Peter Schlemhil: un giovanotto nullatenente affascinato dal successo e dal potere , fa un patto con un “ povero diavolo” e vende la propria ombra,  in cambio di illimitata  ricchezza.
Ma ben presto scoprirà a sue spese che senza la parte ombrosa di sé, pur essendo ormai ricco, nel mondo non c’è più posto per lui.
Per poter riavere indietro la sua ombra  dovrà  barattare anche la compagna dell’ombra , l’anima,  e diventare , come tutti quelli che  hanno già compiuto quel passo, un puro involucro senza più sentimenti e passioni.
Ombra e luce, oscurità e solarità , lo spettacolo  parla di quel passaggio difficile dalla giovinezza all’età adulta, narra delle facili trappole  che su quella soglia ci attirano e seducono e racconta della ancor più difficile  lotta per trovare dentro di sè quella strada , ancora non percorsa ,che nessuno ti può vendere come fosse una merce già confezionata.

NOTE DI REGIA (di Maria Maglietta)

Che cosa è poi quest’ombra?
Vorrei anch’io una risposta
alla domanda che tanti m’han rivolto
quest’ombra ritenuta un bene tanto prezioso
di cui l’astuto mondo non può fare a meno?
Non sappiamo ancora rispondere
Dopo millenni di luce e di esperienze:
continuiamo a dar corpo alle ombre
e vediamo d’altra parte i corpi svanire come ombre!

Adalbert von Chamisso

L’idea dello spettacolo è quella di una macchina sonora a sfondo lucido.
Nell’apparente semicerchio di un’orchestrina tuttofare, il narratore, colui che possiede la storia, è circondato da una terna di aiutanti magici, diabolici parenti stretti di quel suonatore di violino che tanto fece tribolare il buon soldato, a volte ironici compagni di strada, a volte sbandati, innocenti come angeli caduti dal cielo.
Essi assillano il raccontatore, entrano nelle sue parole, lo accompagnano all’azione. Alle spalle del raccontatore questi tre spiritelli musicali muovono giocattoli sonori che vanno dalla preistorica conchiglia marina al computer, passando per pianole, zucche vuote, chitarre, timpani, campionatori e tamburi.
Nella costruzione di una partitura corporea di gesti-suono, i tre musicisti sono sempre all’erta, tra di loro si fanno segnali segreti, se la intendono col fonico alle spalle del pubblico, anch’egli più che mai diabolico vista la capacità che ha di togliere fiato alle voci.
Le loro musiche non illustrano le azioni narrate, piuttosto le insidiano, le pressano o le scompaginano fino a far perdere la trebisonda della voce e del senso.
La direzione che ho imposto al lavoro, durante il montaggio e nelle fasi di esplorazione improvvisativa, ha spinto il racconto orale, di solito lineare e diacronico, a farsi sonorità dilatata, musica tout court.
Non è la prima volta che lavoro a dirigere Marco in un percorso di narrazione. Ma qui i giochi digitali, le distorsioni rumoristiche, le composizioni musicali sono essi stessi voci in altro modo narranti. Tutta questa congerie di sonorità sposta di continuo il filo della narrazione e il raccontatore deve a vote lasciarsi andare a gioco senza opporre resistenza, oppure altre volte cercare di essere saldo in mezzo alla bufera.
Credo che da questo ensemble sonoro narrativo scaturisca, come nel racconto di Chamisso, un clima di sospensione, un’attesa di eventi al limite della realtà: un’atmosfera sognante e strana aleggia di continuo nella partitura. Per un attimo la musica-parola ci conduce nell’oscurità dei sentimenti, ci si esalta per una inaspettata felicità per poi ricadere nell’angoscia, ma già un’altra musica storpiata e vitale, ci riconduce a ballare l’esistenza, poi la melodia si fa dolce e sembra dipanare i grovigli dell’anima. Ma l’inquietudine resta, eco di una voce frusciante, sonorità di un sorriso diabolico. Maria Maglietta

 

 

 

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