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IL MONDO OFFESO

LIBERAMENTE TRATTO DA CONVERSAZIONE IN SICILIA DI ELIO VITTORINI

regia e drammaturgia Maria Maglietta
attore narrante Salvatore Arena
musiche originali Luigi Polimeni
immagini e proiezioni grafiche Mirto Baliani
scenografia Nicoletta Chiocca e Riccardo Sivelli
aiuto regia Barbara Roganti
fonico Gianni Brancati
ideazione e coordinamento organizzativo Massimo Barilla
collaborazione al progetto Mariano Nieddu
produzione Manachuma Teatro
con il patrocinio del Comune di Bova


NOTE DI REGIA di Maria Maglietta
Ogni conversazione può portare a una conversione, a un cambiamento, a una necessaria trasformazione dell’essere, che proprio grazie a quelle parole dialoganti, muta statuto d’esistenza.
L’uomo che sbarca dal traghetto e si perde nel paesaggio siciliano compie un viaggio indietro nel tempo alla ricerca di sé stesso.
Il mondo che ritrova, pur primigenio, non è puro nè innocente, è aspro.
È un mondo fisico di esseri e cose, di odori, che costringe il pensiero e la riflessione a denudarsi, a ossificarsi, così che le sostanze dei problemi emergono potenti, evidenti.
Al principio l’uomo cammina come protetto da una corteccia dura che è smarrimento e forse rinuncia; ma via via gli incontri, i personaggi, le figure, sempre in bilico tra realtà e simbolo, metafora e sostanza, ammorbidiscono l’involucro resistente, fino a far scaturire dai suoi occhi le necessarie lacrime.
In scena ho immaginato un attore solitario che parla, dice, monologa, racconta e dialoga con altri personaggi, ma è una conversazione, prima che col mondo, con sé stessi, nutrita dall’avvenimento del viaggio.
La scena di Nicoletta Chiocca e Riccardo Sivelli racchiude l’attore in una superficie materica su cui si imprimono i segni graffiati delle proiezioni di Mirto Baliani, paesaggio frammentato di un mondo interiore, tracce di quello che la conversazione muove. La musiche di Luigi Polimeni tra sonorità antiche della tradizione e raffinate sperimentazioni evocano un paesaggio sonoro.
Immagini e suono dunque a creare un paesaggio mutevole che scandisce le tappe di questo viaggio dell’anima.


LE RAGIONI DI UNA SCELTA di Massimo Barilla
Mana Chuma ha scelto di confrontarsi soprattutto con l’identità culturale e storica del territorio meridionale, provando a far convergere il recupero di storie, figure, moduli e stili attinti dalla tradizione culturale mediterranea, con l’utilizzo di forme artistiche innovative, e curando in particolar modo la ricerca sullo spazio e la sperimentazione di luoghi “altri” per il teatro. Con “Terribilio di Mare – Suggestioni teatrali da Horcynus Orca” (2001), spettacolo corale realizzato sulle spiagge dello Stretto con la regia di Maria Maglietta, si inaugura un cammino di ricerca che si propone di creare spazi per l’incontro e il confronto tra idee, artisti, esperienze e generazioni teatrali diverse.
“Il mondo offeso”, monologo in forma di racconto liberamente tratto da “Conversazione in Sicilia”, nella diversità della forma, intende dare continuità a questo progetto artistico iniziato un anno fa.
Un passaggio apparentemente ardito, quello da D’Arrigo a Vittorini, autori distanti per concezione, complessità e scelte stilistiche, ma che in profondità poggiano su un comune terreno. Non solo lo schema classico del ritorno alla terra madre, a una Sicilia sofferente per ferite diverse, siano esse quelle della guerra, o piuttosto quelle di una stagione terribile che alla guerra prepara. Non solo il fatto che si tratti di due viaggi a un tempo simbolici e reali. In entrambi i protagonisti si svolge un più complesso e profondo processo interiore, una presa di coscienza, una resa dei conti con l’esistenza nel mondo e del mondo, su di sé eroicamente vissuta.
Ma se ‘Ndria Cambrìa, protagonista di Horcynus Orca, in questo percorso interiore procede per strappi, vertigini, grumi di coscienza e di memoria che investono l’intera comunità (il coro di attori che di questo racconta), Silvestro (un solo attore-narrante) vive come un unico, lento, inesorabile processo di sfaldamento dall’apatia alla coscienza e alla rabbia per il “mondo offeso”, sotto l’effetto “due volte reale” del ricordo rivissuto di un’infanzia in Sicilia, di una diversa vita possibile, di un’adesione necessaria a più profondi valori.
È in questo nodo, problematico e vivo di “Conversazione in Sicilia” (testo scritto alla fine degli anni Trenta) che ritroviamo una straordinaria contemporaneità, proprio nella necessità di “cose da fare per la nostra coscienza e un senso nuovo”.


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